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Catastrofi naturali: un rischio che è necessario gestire

Il cambiamento climatico è un’emergenza che non è più possibile ignorare. Dopo anni di allarmi e di misure poco incisive, stiamo vedendo sempre più spesso gli effetti del climate change nell’aumento di fenomeni naturali violenti e intensi e, a cascata, sul territorio, sulle persone, sull’economia delle aree colpite. Nel suo intervento all’Insurance Summit dell’ottobre scorso, la presidente di ANIA, Maria Bianca Farina, ha sottolineato proprio la particolarità di questo momento: "Le gravissime inondazioni di questa estate in Germania e in Belgio, l'uragano Ida e gli incendi negli Stati Uniti, le alluvioni in Cina ci ricordano che è sempre più urgente rafforzare la resilienza delle imprese e delle famiglie attraverso una maggiore diffusione di strumenti di mitigazione, prevenzione e trasferimento del rischio. È ormai evidente che è in atto da diversi decenni un trend all'aumento della frequenza e dell'intensità delle calamità naturali e crescono in misura esponenziale i danni provocati dalle catastrofi, sia nei Paesi avanzati sia in quelli in via di sviluppo". 

Se spostiamo l’attenzione solo sull’Italia, poi, al cambiamento climatico globale si aggiunge il fatto che il nostro Paese parte già svantaggiato, avendo una forte esposizione al rischio idrogeologico e a quello sismico. Oltre il 40% del territorio nazionale, infatti, rientra in un grado di alto rischio sismico, con il 35% dei comuni italiani (circa 2000) e oltre 22 milioni di persone potenzialmente coinvolte. L’Italia è il primo Paese in Europa e l’ottavo nel mondo in termini di danni potenziali da sisma, misurati come quota di PIL.

Cosa significa tutto questo, tradotto in termini economici? Secondo i dati del progetto di ricerca Titan, realizzato dal programma europeo Espon, dal 1995 al 2017, alluvioni, tempeste, siccità e terremoti hanno causato in Europa quasi 77 miliardi di euro di danni, di cui 43,5 direttamente collegabili ai disastri naturali e 33,4 miliardi derivanti dai legami economici con le aree colpite da calamità naturali. Ampliando la finestra temporale e quella delle catastrofi considerate, l’ampia ricerca Science for Disaster Risk Management 2020: acting today, protecting tomorrow (La scienza per la gestione del rischio di disastri 2020: agire oggi, proteggere il domani) stima che, dal 1980 al 2017, i disastri naturali in Europa abbiano provocato oltre 115.000 vittime e danni per 557 miliardi di euro. La fetta maggiore è stata provocata da eventi climatici e metereologici estremi che, come abbiamo appena visto, non potranno che peggiorare ulteriormente a causa degli effetti del cambiamento climatico. Questo vuol dire che, come afferma un altro recente studio realizzato da Marsh McLennan (Climate Change is a Global Financial Risk), il cambiamento climatico metterà a rischio circa il 2% degli asset finanziari globali entro il 2100. Tuttavia, nello scenario peggiore, questa percentuale potrebbe salire fino al 10%.

In questo contesto, come ci si può difendere dagli effetti delle catastrofi che, di per sé, sono improvvise e inattese? Secondo quanto emerge dal paper Catbond: why is the horse not drining? sviluppato da ANRA in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, Università di Parma e Università degli Studi di Firenze, la percentuale di imprese che si ritiene esposta a possibili rischi catastrofici (quasi il 62%) mostra una buona consapevolezza, ma allo stesso tempo è ancora lontana dall'avere una visione realistica di quello che è lo scenario attuale dell'Italia, che abbiamo appena visto. Inoltre, a questa percentuale fa da contraltare un 40% di aziende italiane che non ha mai acquistato una copertura per rischi catastrofali, indicando come motivazione principale (citata dal 41% dei rispondenti) il fatto che le conseguenze e gli eventuali danni derivanti siano percepiti come trascurabili. Che trascurabili, lo abbiamo detto, certo non sono.

È allora evidente come sia necessario un aumento della consapevolezza da parte delle imprese e degli enti pubblici e privati dell’importanza di tutelare la propria attività e quella del territorio dai rischi descritti, soprattutto in un momento in cui la previsione statistica di questo tipo di eventi, la scienza, i dati e i modelli previsionali offrono utili strumenti di analisi. Le metodologie di analisi e valutazione dei rischi naturali devono comprendere un approccio integrato, probabilistico e deterministico, che combini elementi di risk management con l’analisi dei dati. Si renda inoltre necessario avere una visione a 360 gradi dell’esposizione al possibile pericolo, essere in grado di quantificare economicamente il valore degli asset, valutare la loro vulnerabilità (ovvero la propensione di un bene o manufatto a subire danneggiamento a seguito di un evento naturale) per poi poter quantificare gli scenari del danno e la probabilità che un evento si verifichi in un determinato lasso di tempo, così da facilitare la definizione della copertura assicurativa adeguata a fronteggiare un evento che, in questo modo, appare più gestibile seppur catastrofico.